Ci sono sempre stati gatti nei dintorni del rifugio, su a San Polo. Un po’ perché è aperta campagna e i pochi abitanti delle case intorno non si sono mai occupati di far sterilizzare nessun animale, un po’ per la pappa per i cani del rifugio che sovente viene lasciata anche per i randagi della zona. Ma sono gatti di campagna, appunto. Un po’ selvatici, tutto sommato non se la passano male dato che di traffico su quei viottoli se ne vede poco e abbondano tra i cespugli e nel sottobosco topini e altri animaletti a cui dare la caccia.
Per questo, 11 anni fa, fui stupita dalla telefonata di Marisa, la signora che gestisce il rifugio. Mi disse che c’era una gattina particolare, tanto coccolona e affettuosa, al punto da cercare di entrare nei recinti per fare amicizia con i cani. Rischiando ovviamente la vita. Disse che cercava di salire in braccio ad ogni occasione, che era meravigliosa e che andava messa in salvo prima possibile.
Le dissi: “Domani, appena la vedi di nuovo, prendila e mettila in un trasportino, e io me la vengo a prendere” .
Me lo ricordo quel pomeriggio. Era fine ottobre, attesi tutto il giorno la chiamata ma la piccola tardava a farsi vedere. Alla fine, era già sul tardi, eccola. “L’ho presa, puoi venire ora?”
E andai. Era già quasi buio su quelle strade di campagna. Lei era lì ad aspettare, dentro un trasportino per cani mezzo rotto. Marisa disse: “Se non fosse stato per i cani l’avrei tenuta. Non ho mai amato particolarmente i gatti ma questa è diversa.”
Così Titti arrivò a casa di mia madre. Meglio tenerla dove non c’erano altri gatti, finchè non potessimo fare analisi e vaccini, pensai. Ed era meglio aspettare per una adozione, stavo ricevendo troppe strane telefonate di persone che cercavano gatti neri e il 31 ottobre era vicino.
Mia madre, vedova da poco, aveva perso il suo ultimo gatto da pochi mesi. All’inizio disse: “E’ solo temporaneo”.
Ma chi non sarebbe stato conquistato perdutamente da Titti? Piccola, paffuta, con un bellissimo pelo nero e folto, gli occhi tondi e luminosissimi che le davano sempre un’aria stupefatta. Io di gatti ne ho conosciuti tanti, alcuni si somigliavano, altri avevano lo stesso tipo di musetto, o di mantello. Titti era unica, e nient’altro.
Ieri mattina, dopo neanche 11 anni, Titti ci ha lasciati. Una malattia veloce, che nonostante le cure e tutti i tentativi non le ha dato scampo. E il dolore è fortissimo, la perdita gravissima, come se si fosse aperta una falla nel nostro mondo, che l’ha inghiottita. Ci ha dato tanto, ci ha lasciato tanto. Non riesco a dire di più.
Continuo a ripetermi “Titti è morta” perché ancora non ci credo. Perché per me lei rimarrà sempre appollaiata su quel cuscino tra la tenda e la finestra, o dentro la sua cuccia fatta a uovo, anche se ora riposa in giardino, vicino agli altri gattini perduti.